Picchiaduro anni 90: L’attacco dei cloni di Street Fighter
Siamo onesti: l’internet praticamente se ne cade di roba come questa. Cronologie, classifiche, retrospettive e compagnia cantante. Lo so. Solo che stavolta è diverso. Perché, dopo aver buttato l’occhio a un bel po’ di paccottiglia venuta fuori in trent’anni di Street Fighter, e le due righe sul fantastico film d’animazione, mi so’ reso conto che in effetti, non si poteva parlare di un picchiaduro senza parlare di picchiaduro. O beat ‘em up, che dir si voglia. In sostanza, il punto è che era da un po’ che volevo ficcare ‘sta cosa qui sul Sotterraneo, cioè parlare di quei giochi di mazzate, conosciuti e non, il cui unico fil rouge è quello di aver depredato – in un modo o nell’altro – la formula di Street Fighter. Perciò, a ‘sto punto direi di dare un ciancio alle bande, e andare a buttare l’occhio a ‘sti picchiaduro “copioni”, ok?
Quindi, per capirci ma bene proprio, mi sa che due parole “di storia” sia il caso di spiccicarle. Allora, col termine picchiaduro, oggi in via generale s’intende quello a incontri; quello one vs one, ok? In realtà, agli albori, indicava quelli “a scorrimento”. Ora, precisamente non so quale sia stato il primo in assoluto ma, di sicuro, il più vecchio che conosco è Kung-Fu Master, uscito nel 1984 o giù di lì. Da qui in poi, per un bel po’ di anni fu tutta ‘na questione di gente che s’imbruttiva per la strada. Che si prendeva a calci, sputi, morsi e raccoglieva le cosce di pollo dalle casse rotte. Vedi Double Dragon, Final Fight, Golden Axe, e via dicendo.
Ovviamente, per quanto i picchiaduro a scorrimento fossero divertenti e andassero per la maggiore, non è che a nessuno venne in mente di variare un po’ la formula, eh. Vedi per esempio Karate Champ, uscito sempre verso il 1984. In sostanza, questo fu uno dei primi “abbozzi” di picchiaduro a incontri a cui, naturalmente ne seguirono altri. Ma il vero punto di svolta, fu quando nel ’87 circa, Capcom se ne uscì con Street Fighter. Fondamentalmente, il grosso successo del gioco, è riconducibile ad alcuni fattori principali: in primis, un minimo di caratterizzazione e uno straccio di storia a giustificare le mazzate fra i personaggi. In secondo luogo, una profondità inedita fino a quel momento, con l’introduzione di caratteristiche che poi sarebbero diventate convenzioni del genere. Mi riferisco al sistema di gioco a sei pulsanti e l’uso di combinazioni per tecniche speciali.
Poi nel 1991 uscì Street Fighter II. Un successo così grande da rasentare il grottesco quasi. Inutile anche sottolinearlo. Però, è proprio questo il punto: capita l’antifona, cioè che la gente era disposta a svenarsi a botta di duecento Lire con quel cacchio di gioco, fu n’attimo proprio che si alzò lo sciame di cavallette imbruttite. Visto il grande potenziale di guadagno, un fottìo di compagnie si lanciò sul mercato; e qual era il modo più semplice e veloce per tirare fuori al volo un picchiaduro? Copiare la formula di Street Fighter II, naturalmente.
- Fatal Fury

Ok, siamo sempre nel ’91. Street Fighter II era uscito e stava macinando soldoni come se non ci fosse un domani. Cosicché, nello stesso anno la SNK, compagnia principale avversaria di Capcom nella “guerra dei picchiaduro”, se ne uscì con Fatal Fury.
I famosi “Lupi Famelici”, i fratelli Terry e Andy Bogard, no? Eh… peccato che quasi all’unanimità, Fatal Fury venne considerato un prodotto nettamente inferiore a Street Fighter II. Perché, di certo non era una volgare copia e basta, questo no. Però, non era manco un prodotto di chissà quale originalità. Anzi.
In effetti, fu solo l’anno seguente, con l’uscita di Fatal Fury II che la saga iniziò ad avere una propria “identità”. Infatti, il miserabile roster venne allargato con l’aggiunta di altri sette personaggi, che andavano ad affiancare i tre originali. Il gameplay venne migliorato, sempre ibridandolo con quello di Street Fighter ma, introducendo concetti nuovi e originali. Tipo i power block, lo spostamento laterale su due piani, nonché, da quel che so fu il primo gioco a inserire il tasto per la provocazione.
- Art of Fighting

Sempre nel ’92 e sempre la SNK, affiancò l’uscita di Fatal Fury II con un altro titolo: ovvero Art of Fighting.
Ecco, fra i due, questo è forse il gioco che più paga pegno a Street Fighter. Cioè, voglio dire: basta solo guardare Ryo Sakazaki, uno dei due protagonisti. È uguale a Ryu a partire dal nome. Senza contare del resto, l’intero move set pericolosamente simile, con tanto di varianti di Hadoken e Shoryuken.
A ogni modo, in modalità arcade potevano essere selezionati soltanto il suddetto Ryo e l’altro protagonista, Robert Garcia. Tuttavia, in modalità versus era possibile scegliere uno qualunque dei lottatori del roster. Nonostante Art of Fighting, come detto, ricalcasse bellamente Street Fighter, come nel caso di Fatal Fury II, ha introdotto un sacco di cose originali e sfiziose.Tipo la distinzione fra super e super desperation moves, tanto per dire. Nonché, anche una visuale con “telecamera zoom” che allargava e restringeva la visuale a seconda della distanza fra i personaggi. E ‘sta cosa nel ’92, era ‘na figata pazzesca. Comunque, fra queste caratteristiche e una grafica top notch, Art of Fighting riscosse un gran successo.
- World Heroes

Ora, se Fatal Fury e Art of Fighting erano tutto sommato dei buoni prodotti, che si facevano perdonare il loro, diciamo… “tributo” a Street Fighter grazie a caratteristiche proprie e originali, con World Heroes iniziamo ad andare verso il baratro del sudicio sottobosco di copie svogliate.
Allora, siamo ancora nel 1992. La SNK, come se non bastassero i primi due, rilascia un altro picchiaduro. ‘Sto World Heroes appunto, sviluppato però dalla Alpha Denshi. E questo era un clone di Street Fighter II a tutti gli effetti.
Al di là di una storia ridicola e di personaggi scopiazzati un po’ alla come viene (tipo lo Zangief/Hogan qui sopra), il gioco c’aveva pure ‘na bella sfilza di difetti. In primis, un sistema di controlli preso di peso dal primo Fatal Fury con lo schema Punch-Kick-Throw. ‘Na cosa praticamente ai limiti della preistoria, insomma. E poi il gameplay lento e rigido. Che accoppiato a ‘na musica veramente ammorbante, in dieci minuti già te lo faceva schifare a bomba. Anzi, forse anche in meno, visto che c’ho fatto ‘na partita ultimamente. In una parola: agghiacciante.
- Power Instinct

Tuttavia, World Heroes per quanto possa essere stato un gioco mediocre, dalla sua un merito ce l’ha: l’essere “l’inizio della fine”. Perché a ‘sto punto, SNK non stava solo competendo con Capcom… ma anche coi suoi stessi giochi. E questa era solo la punta del proverbiale iceberg, visto che il numero di titoli sul mercato stava per aumentare.
Infatti, eccotelo qua: Power Instinct. N’altro fra i primissimi cloni di Street Fighter II, sviluppato da Atlus.
In realtà, non è che ci sia molto da dire in fondo. Come al solito, sistema di gioco senza la benché minima originalità e gameplay sostanzialmente preso di peso da Street Fighter. Con tanto di super fatte con movimenti a mezza luna e via dicendo.
- Martial Champion

Naturalmente, visto che tutti s’affannavano a buttarsi sull’affare dei picchiaduro come avvoltoi, mica società come Konami potevano stare a guardare, eh. Dicto facto, ecco che nel ’93 esce Martial Champion.
Dalla sua, si può dire che lo stile grafico era abbastanza originale. Così, come la bizzarra scelta di posizionare la life bar in basso anziché in alto. Per il resto…
Niente. La maggior parte dei characters erano chi più chi meno, la solita fiera della banalità. Con tanto di protagonista con fascia nei capelli, che lancia pallette di fuoco e pugnetti volanti.
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- Fighter’s History
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Nel frattempo, i picchiaduro continuavano a uscire come se non ci fosse un domani. Fra i tanti, due forse sono stati i più vergognosi rip-off di Street Fighter. Il primo è questo qui: Fighter’s History, sviluppato dalla Data East. In sostanza, quel minimo di abbozzo di storia, ruotava su otto personaggi impegnati in un torneo di arti marziali in giro per il mondo. Originalissimo, proprio. E va be’.
Ma non era solo il setting a essere vergognoso. L’intero move set era stato preso di peso da Street Fighter, con tanto di Hadoken, Shoryuken e via dicendo. E non contenti, anche le animazioni erano quasi uguali. Con sprite che sembravano semplicemente ricalcati e poi modificati quel tanto che basta.
Infatti, ‘sta cosa non era quel che si suol dire “una semplice impressione”. Perché, anche senza venirne a capo, comunque Capcom citò in giudizio la Data East. E il bello di tutto questo poi, è che non contenti, quelli della Data East l’anno dopo realizzarono un seguito di Fighter’s History. La cui caratteristica più notevole, attenzione, è stata quella di fregare alcuni personaggi a SNK stavolta. Seems legit.
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- Agressors of Dark Kombat
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Intanto, la moda dei picchiaduro continuava a crescere e la SNK, non faceva altro che saturare il mercato sempre di più. Nel 1993 infatti, pubblicò un altro Fatal Fury, questa volta intitolato Fatal Fury Special.
Nel mentre s’occupava di portare avanti le saghe sviluppate direttamente, delegava altre società per lo sviluppo di altri picchiaduro. Ed eccoti qui Aggressors of Dark Kombat, sviluppato da ADK.
Sostanzialmente, un giochillo divertente, che si sforzava quel tanto che basta per non restare del tutto anonimo. Difatti erano state inserite cose tipo i movimenti su due piani finto 3-d, e ‘na specie d’ibridazione col sistema di raccolta oggetti tipico dei picchiaduro a scorrimento. Ah, in più interessante notare come questo sia ‘na specie di crossover con World Heroes, visto che nel roster, c’è il ninja Fuuma.
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- Fight Fever
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Ed eccolo qui: il secondo peggiore rip-off di Street Fighter, Fight Fever. Sviluppato da Viccom, una sussidiaria coreana di SNK.
Sostanzialmente, c’abbiamo i soliti otto svogliati personaggi morti di sonno, che devono competere in un torneo di arti marziali in giro per il mondo. Le meccaniche di gioco sono una pigra miscellanea fra Art of Fighting e Fatal Fury e…
… e basta. Per il resto, credo che le immagini si commentino da sole, no? Quel personaggio col kimono bianco, fascia nei capelli, che in quella posa lancia una sfera d’energia azzurra… sbaglio o ricorda qualcosa?
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- Fightin’ Spirit
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Ok, l’ultimo picchiaduro che voglio menzionare, è questo: Fightin’ Spirit. Realisticamente, avrei potuto farne anche a meno, visto che ho tralasciato ‘na valanga di altri giochi.
L’unico motivo per cui lo tiro in mezzo, anzi, gli unici due motivi sono che:
A) Questo, da quel che mi pare, è uno dei pochissimi titoli picchiaduro disponibili per Amiga.
B) Fightin’ Spirit è un prodotto completamente italiano, sviluppato da una software house italiana. E dai, ‘sta cosa andava detta.
Ok, ci siamo fatti ‘na bella carrellata di giochilli di mazzate, e dunque? La morale in tutto questo qual è? Ebbene, a ‘sto punto, mentre tutte ‘ste società, con in primis SNK, non avevano fatto altro che saturare il mercato dei picchiaduro con una marea di titoli, Capcom continuava dritta sulla sua strada col solo Street Fighter. E il motivo, a pensarci bene, era piuttosto semplice.
In sostanza, i giochi SNK e chi per loro, giravano su schede Neo-Geo. Queste, rendevano i cabinati più economici, certo. Perché in sostanza, su un solo cabinato arcade si potevano montare più schede; il che significava più giochi con una sola struttura. Ma questo, significava anche che magari andavi in sala con l’idea di farti ‘na partita ad Art of Fighting per dire, e invece ti ritrovavi caricato Metal Slug. Invece, Street Fighter c’aveva un cabinato a sé. E questo vuol dire che il gioco portava profitti in continuazione. Tanto che, non era raro entrare in una sala giochi e trovare due, tre cabinati di Street Fighter, che venivano ordinati proprio per far fronte alla domanda.
Ora, dato che all’epoca non esistevano DLC o patch correttive, l’unico modo per aggiornare un gioco, era quello di rilasciarne direttamente un altro. In estrema sintesi, la versione finale di Street Fighter II per il rilascio in sala giochi fu Super Street Fighter II Turbo uscito nel 1994. Il bello di ‘sta cosa fu, vista la nutrita schiera di gente che non faceva altro che hackare Street Fighter II, Capcom anziché mettersi a fare come le società concorrenti uscendo giochi su giochi diversi nella forma ma non nella sostanza, prese ‘sto fatto come ‘na specie di “feed” da parte dei giocatori.
Così, in Street Fighter II Turbo ci ficcò l’impossibile per renderlo il picchiaduro definitivo. Tant’è vero che ancora oggi viene giocato nei tornei. Le aggiunte più significative comunque furono i nuovi personaggi come Cammy, Fei-Long, Dee Jay e T. Hawk, che portarono il roster a sedici combattenti. Numero a quell’epoca veramente impressionante. Poi una velocità aumentata e un bilanciamento generale ottimo. Ma la cosa più importante di tutte, fu il sistema di “combo”.
Oggi le combo, sono in sostanza l’A B C di ogni picchiaduro, no? In realtà inizialmente erano ‘na specie di glitch nei giochi di allora. Con Street Fighter II Turbo invece, diventarono parte integrante del sistema di gioco. ‘Sta scelta fu un successo che infognò malamente la gente, con comunità di giocatori pro che non facevano altro che cercare di ficcare quanti più colpi possibili durante le partite. Senza contare che molti giochi immediatamente successivi, fecero delle combo il focus del proprio sistema di gioco. Come Killer Instinct, tanto per dirne uno.
Ah, un’ultima cosa: la famosa leggenda metropolitana di Sheng Long, il boss segreto, presente? Quello fu un semplice errore di traduzione in una delle frasi di vittoria di Ryu ma, fece nascere ‘na cagnara di storie allucinanti. Tipo che per affrontarlo dovevi vincere tutti i round col perfect in meno di trenta secondi e menate simili. Ecco, la Capcom con Street Fighter II Turbo ficcò pure ‘sta cosa. Infatti, venne inserito il boss segreto Akuma.
Per affrontarlo, ci volveva giusto un pizzico d’impegno, non perdere mai un round e vincerne almeno tre col perfect. E poi, Akuma era una versione sotto steroidi di Ryu. Era più veloce, più forte. Poteva teletrasportarsi, lanciare hadoken multipli, e lanciarli anche in salto. In sostanza era la summa massima di tutti gli hack illegali di Street Fighter unita alla leggenda metropolitana di Sheng Long. Fantastico, no?
In definitiva, anche se oggi preferisco di gran lunga Tekken, non posso negare il fatto che, almeno per me, Street Fighter resterà sempre il re dei picchiaduro.
Bene, detto questo redo che anche per oggi sia tutto.
Stay Tuned e sopratutto Stay Retro.
sarebbe interessante anche vedere le differenze tra le versioni per le diverse console e dei coin op.
però mi rendo conto che è un lavoro notevole, senza contare che bisognerebbe recuperare sia le rom che le macchine o gli emulatori per farle girare.
però potrebbe essere uno spunto per il futuro.
anche secondo me il re dei picchiaduro rimane sempre street fighter 2. non ricordo quante e quali release provai, ma, per ovvi motivi, le versioni coin op erano senza paragoni
Sì, in effetti è una bella idea; così come – purtroppo – è impraticabile. Questi giochi ce li ho tutti, per questo ho potuto parlarne in maniera, più o meno, approfondita. Ma recuperare i cabinati… ho le stesse probabilità di raggiungere la Luna, insomma.
Salve mw nwricordo uno in particolare, ma non mi ricordo il nome. C’era un personaggio donna che combatteva con l’aiuto di un cane gigante bianco. Qualcuno sa a che gioco mi riferisco? Grazie
Mi pare Rera in Samurai Shodown V.